Un posto al sole», incomprensibile successo che dura da 28 anni
Ha compiuto 28 anni il daily-drama italiano più longevo. L’ascolto medio delle puntate è di circa 1 milione 700.000 spettatori.
Giorni fa ho letto numeri chi mi hanno fatto riflettere, sono quelli relativi a «Un posto al sole», il daily-drama italiano più longevo, prodotto dal 1996 a Napoli da Rai Fiction, Fremantle e Centro di Produzione Rai di Napoli e in onda dal lunedì al venerdì alle 20.45 su Rai 3.
I 28 anni di vita di «Un posto al sole», tradotti in numeri, significano 20 attori principali, oltre 2.500 attori ricorrenti e più di 9.500 figuranti speciali, 20.600 provini, 123.000 comparse, 130 registi di cui otto ancora «in carica», 175.500 minuti di trasmissione, 200 lavoratori dietro le quinte. E ancora, oltre 5.500 baci, 850 schiaffi, 78 bambini nel cast, 55 personaggi «arrestati», 32 animali sul set, 40 matrimoni e 28 funerali. L’ascolto medio delle puntate è stato di circa 1 milione 700.000 spettatori con uno share dell’8 per cento. Cosa mi sono perso? Uno dei motivi del successo, così si dice, è che le vicende dei condomini di Palazzo Palladini sono divenuti negli anni un fenomeno di costume: la serie intreccia i temi classici della soap — amori, intrighi, passioni, vendette, gelosie, amicizia — con il vissuto quotidiano e le tematiche sociali.
Ammetto che sono giudizi labili, che non reggono più. Ah, l’impolverata stirpe dei recensori! Mi sento come Tommasino in «Natale a casa Cupiello»: «Te piace ’o presepe?» gli chiede continuamente il padre. E lo sciagurato risponde sempre «No!». Del resto, la recensione è per sua natura esercizio minoritario, con una piccola parte in commedia. Per dirla con Giorgio Manganelli, è «un sassoso letto di corrente», un ciottolo d’isola che sfida il mainstream.